Imperia, le radici e la coda del gatto

Ieri ho partecipato alla presentazione del candidato Sindaco Carlo Capacci. Un incontro davvero interessante che mi ha dato alcuni spunti di riflessione, ma anche un forte ottimismo. E ribadisco – e non sarà l’ultima volta – che sostengo, endorso, sponsorizzo, pubblicizzo il mio amico Giorgio Montanari a tutti gli imperiesi.

Sono convinto che a Imperia stavolta ci siano delle condizioni eccezionali e che bisogna saper rispondere bene a queste esigenze: c’è sfiducia, prima che nella politica, nel futuro di Imperia e ci sono tanti problemi da affrontare con forza e competenza.

Al di là di un percorso obiettivamente difficile che ha portato alla nascita della coalizione per Capacci sindaco, Imperia è oggi molto simile e molto diversa rispetto alla Sanremo del 2004 e alle successive elezioni vinte poi dalla coalizione di Borea. Nel 2004 a Sanremo quello che ha portato alla vittoria è stata la sfiducia verso l’allora classe dirigente del centrodestra, a Imperia – oltre a quella – c’è anche il brusco risveglio da un ventennio in cui la chiave dello sviluppo cittadino era il forte legame della città col suo “dominus” che ne aveva una visione feudale, sia nei termini di gestione del potere e della rappresentanza, sia come ottica di sviluppo esclusivamente concentrata in una quasi-indipendenza.

Questa doppia ottica è fallita. Non è più possibile pensare che Imperia – ma il discorso vale anche per tutte le altre città rivierasche – possa stare in piedi senza interazioni produttive con il territorio circostante (Riviera ed entroterra) e con le zone vicine (nizzardo, monegasco, savonese, cuneese).

Allo stesso modo, una singola famiglia non può pensare di colonizzare da sola – tra fratelli, nipoti, mogli, cognati e simili – l’intera vita politica di una Provincia. Per di più con pessimi risultati, amministrativi, giudiziari ed economici.

La vera sfida sarà però dopo e si tratta di far mettere radici al cambiamento: non basterà avere un ottimo sindaco, sostenuto da una maggioranza coesa e da assessori capaci. Bisogna saper creare partecipazione attiva alla gestione della cosa pubblica, e non vi è altro modo se non attraverso la riscoperta del gioco di squadra e un più ampio e continuo coinvolgimento di tutti. E tornare a fare politica.

Sono dispiaciuto che non si sia riusciti a includere in questo progetto tutta la coalizione Italia Bene Comune. Il PD avrà grandi, enormi responsabilità, as usual, in questo. Però è anche difficile portare avanti un percorso comune con chi come tecnica per acquisire consenso usa solo la critica continua e ininterrotta all’alleabile PD. Che ovviamente continua: nel discorso di Carla Nattero alla presentazione del loro candidato non è mai citata SEL, è citata una sola volta il nome della loro lista, mentre il PD è citato direttamente o indirettamente 12 volte, e non è praticamente citata mai la destra scajolana.

Sicuramente ci sarà stato un imprevisto a causare tutto questo dente avvelenato: probabilmente poche ore prima Zagarella deve aver pestato la coda del gatto di Carla e per sineddoche ha esteso la responsabilità a tutto i Democratici imperiesi. Non esiste nessuna logica in un discorso del genere, ma sono fiducioso che appena la coda del gatto guarirà si ricomincerà il confronto su basi razionali e non di rabbia.

Info alessandrolanteri
Un ottimista che si presta a fare politica per passione

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